mercoledì 27 gennaio 2016

ANNO ALL'ESTERO



L'inizio delle superiori ha portato un sacco di novità e tra queste anche la scoperta della possibilità di trascorrere un anno all'estero: intorno a me sentivo compagni che raccontavano le loro avventure oltreoceano, ascoltavo coloro che desideravano partire e  mi accorgevo di chi all'improvviso non si vedeva più nei corridoi di scuola poiché era partito per l'Australia o la Repubblica Dominicana.
Seguire l'esempio di questi ragazzi e andare per un anno negli Stati Uniti, fino all'anno scorso, era un sogno che pensavo fosse irrealizzabile, ma a novembre di quest'anno tutto è cambiato.
Con i miei genitori l'argomento era venuto fuori alcune volte, ma non sembrava che lo prendessero davvero sul serio e io non volevo insistere, visto che comunque la parte economica sarebbe stato un problema non indifferente; in realtà mi sbagliavo, poiché loro avevano capito quanto ci tenevo e sarebbero stati felici di offrirmi un'opportunità simile.
Così, la sera del 4 novembre, mi sono ritrovata ad un incontro con la YouAbroad per raccogliere un po' di informazioni su questa associazione che, come tutte le altre, a me era ancora sconosciuta.
La mia prima impressione era stata molto positiva, mi erano sembrate persone chiare, competenti ed entusiaste del proprio lavoro e anche se avevo cercato informazioni  su altre organizzazioni sapevo già su quale sarebbe ricaduta la scelta.
Il mio sogno stava pian piano diventando realtà e dopo tanta attesa, il 27 novembre, ero con i miei genitori per affrontare il primo dei tanti ( anzi tantissimi) passi verso gli USA.
Il primo colloquio con YouAbroad era andato bene e dopo pochi giorni avevo ricevuto la telefonata da parte della psicologa che avrebbe determinato la mia partecipazione al programma di exchange students.
La mia ansia era alle stelle, camminavo avanti e indietro per la stanza con il cellulare in mano, aspettando il momento in cui la suoneria mi avrebbe avvisato della chiamata; mia madre continuava a dirmi di calmarmi, che sarebbe andato tutto bene, ma il mio pensiero fisso era che se non fossi riuscita a trasmettere quanto profondamente desideravo questa opportunità, tutto sarebbe finito.
Certo, sarei stata pronta ad accettare anche un esito negativo, ma non è ciò che avrei voluto ricevere.
Alla fine, però, tutte le mie preoccupazioni sono svanite: la psicologa era stata davvero molto gentile e mi aveva messa a mio agio e dopo pochi giorni di tensione in attesa di una risposta, era arrivata l'email con il contratto da firmare!!




La prima volta in cui la casella delle mie email è stata torturata dalla sottoscritta, che ogni minuto aggiornava la casella postale, nella speranza della fatidica email e ancora adesso nell'attesa di una famiglia sono sempre con un occhio vigile sulla piccola icona.
Continuando con il lungo viaggio verso la realizzazione del mio sogno, dopo il contratto, sono arrivate le applications ( una cartacea e una online).
Ho avuto a disposizione tre settimane per compilare tutti i documenti e purtroppo tra verifiche di fine trimestre e preparative per pranzi e cene di Natale, il tempo per concentrarmi sull'application diminuiva giorno dopo giorno.
Scrivere la lettera per la host family e scegliere le foto per farmi conoscere, sono state le cose più difficili da fare: ci sono voluti giorni per decidere, ma per fortuna tutto è stato inviato entro la data stabilita.
E' stato necessario più di un mese per avere tutti i documenti in regola tra vaccini, analisi e un nuovo passaporto.
Grazie alla pazienza dei miei genitori e alla mia determinazione siamo riusciti a finire tutto e solo l'ELTIS test mi separava dalla spedizione dei documenti negli Stati Uniti, ma di questo ve ne parlerò in un altro post.

Camilla


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